Storie e misteri della Procura trapanese

Erano anni che la Procura della Repubblica di Trapani non balzava agli onori delle cronache. Un Tribunale, quello trapanese, che ha alternato servitori fedeli dello Stato, che per questo hanno pure pagato con la morte, fino a chiacchierati magistrati, trasferiti d’ufficio dal Consiglio superiore della magistratura (Csm) o, addirittura, condannati.

L’ultima intimidazione, prima della strana vicenda delle scorse settimane che ha avuto come protagonista in autostrada l’attuale Procuratore della Repubblica, Marcello Viola, risale agli anni ’90. Vide come vittima il sostituto procuratore Luca Pistorelli. Pistorelli era uno di quei magistrati definiti da Cossiga “giudici ragazzini” che a Trapani aveva deciso di smuovere quell’intricato intreccio tra mafia, massoneria, burocrazia e servizi segreti. Un insieme di potentati che ha sempre contraddistinto questa provincia della Sicilia. Come la scoperta, nel 1986, della loggia Iside 2 all’interno del centro culturale ‘Scontrino’ dove, insieme ai massoni, si ritrovavano iscritti viceprefetti, uomini d’onore come Mariano Agate e Natale Lala e anche parlamentari Dc come Francesco Canino e Francesco Spina.

Era invece il luglio 1994 quando un pentito confidò che era pronto un bazooka per far saltare il giovane magistrato, facendo sequestrare anche un fucile di precisione. Pochi mesi dopo Pistorelli fu trasferito su sua richiesta all’ufficio Gip del Tribunale di Milano.

Ma i veleni al Tribunale di Trapani risalgono a decenni prima, e precisamente agli anni ’70 con Carlo Alberto Malizia, presidente del Tribunale, con il fratello Saverio, magistrato militare e custode di tutti i segreti del Sifar, che andò in rotta con un altro trapanese, Vito Miceli, capo del Sid. Il presidente Malizia, con cuì aveva iniziato a Trapani anche Giovanni Falcone, prima di passare alla sezione civile guidata da Cristoforo Genna, fu lambito da un’indagine che vedeva coinvolto anche Peppe Ruggirello, padre del deputato regionale dell’Mpa, Paolo Ruggirello. Il giudice Malizia preferì la pensione.

Ma il primo magistrato infedele del Tribunale trapanese fu nel 1984 il sostituto procuratore Antonino Costa, accusato intrattenere rapporti non proprio cristallini con i Minore, all’epoca dei fatti capi del mandamento trapanese, mentre per la stessa vicenda un giudice istruttore fu accusato di omissione di denuncia per tentativo di corruzione e poi amnistiato.

Il giudice Costa lavorava fianco a fianco con Giangiacomo Ciaccio Montalto, ucciso dalla mafia nel 1983, poche settimane prima di prendere servizio in Toscana, dove si era fatto trasferire. Giangiacomo Ciaccio Montalto fu eliminato dalla mafia dai corleonesi, preoccupati per gli interessi che in quella regione stava sviluppando il fratello di Totò Riina.

Nel 1991 il sostituto Francesco Taurisano, reso celebre dalla trasposizione cinematografica fatta nel film “La scorta” di Tognazzi, entrò in forte contrasto con il capo della procura di Trapani, Antonino Coci, accusandolo di isolarlo, raccontando di minacce e di sparizioni di verbali di interrogatorio di pentiti come Rosario Spatola e Giacoma Filippello che chiamavano in causa in un’inchiesta su mafia e politica “nomi eccellenti” del mondo politico. Il Csm, alla fine, salomonicamente, li trasferì entrambi, anche se Coci preferì il pensionamento.

Dopo quel terremoto giudiziario a Trapani arrivò da Trento Carlo Palermo. Il magistrato, che indagava sui traffici internazionali di armi, aveva intuito che Trapani poteva essere un crocevia.

Arrivò nel febbraio 1985, ma dopo solo 50 giorni subì un attentato a Pizzolungo. Carlo Palermo sfuggì alla morte, ma rimasero dilaniati dall’esplosione i due gemellini Asta e la madre Barbara che passavano di lì per caso.

La scia di sangue di magistrati del Tribunale di Trapani proseguì nel 1988 con l’assassino del giudice Alberto Giacomelli, da pochi mesi in pensione, che aveva sottoposto a sequestro beni della famiglia Riina.

La Procura trapanese, dopo la breve guida di Sergio Lari, è stata retta da Gianfranco Garofalo, che nell’inchiesta sull’omicidio di Mauro Rostagno puntò il dito sugli ambienti interni della Saman, facendo arrestare nel 1996 per favoreggiamento la compagna dello stesso Rostagno, Chicca Roveri, spiccando mandato di cattura per il guru della comunità, Francesco Cardella. Un’inchiesta che fece molto rumore, ma poi si sgonfiò, indirizzando le indagini verso la criminalità mafiosa.

Foto di prima pagina tratta da trapanioggi.it

Foto sopra tratta da trapani.olx.it


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