Si ‘congeli’ il Commissario dello Stato

“La sospensione a tempo determinato delle funzioni del Commissario dello Stato sino a quando non saranno definite, per mezzo di apposita legge costituzionale, le modalità di contemperamento del rispetto del dettato letterale dello Statuto in materia di Alta Corte con i rilievi mossi in materia dalla giurisprudenza costituzionale. Nelle more di tale definizione il Commissario dello Stato cessa dalle proprie funzioni e le modalità di controllo di costituzionalità delle leggi regionali siciliane operano secondo il diritto comune alle altre regioni”. Questa una delle proposte per l’attuazione dello Statuto siciliano,  presentate nei giorni scorsi, al tavolo tecnico Stato-Regione dal professor Massimo Costa, tra i massimi esperti in materia di autonomia siciliana, che a titolo gratuito, fa parte della Commissione consultiva, istituita dalla Regione e dal governo nazionale, dopo la protesta del Movimento dei Forconi dello scorso gennaio.

Una norma che, oggi, nel giorno in cui è arrivata la seconda impugnativa del bilancio regionale da parte del Commissario dello Stato, che pone la Sicilia ad alto rischio di commissariamento statale,  mostra tutta la sua urgenza. Anche perché, la sensazione è che, in questi giorni a Roma, si stia accarezzando un po’ troppo l’idea di commissariare la Sicilia. E al di là del partito politico per cui si fa il tifo, questa sarebbe una umiliazione per le istituzioni siciliane. Per non parlare delle conseguenze: ve li immaginate tre sceriffi nominati da Monti che arrivano a dettare legge a Palermo? Magari tre bocconiani con un passato nelle istituzioni europee e tante amicizie nelle banche. Ispirati dagli stessi principi che stanno ispirando il governo nazionale. Una prospettiva davvero desolante secondo il partigiano (e siciliano) parere di chi scrive. E stupisce , il fatto che, in queste ore, molti osservatori ed esponenti della politica siciliana, facciano il tifo per questa ipotesi. In nome delle beghe politiche, o dell’opposizione a questo governo, si getta nella spazzatura la storia della Sicilia e le sue prerogative costituzionali. Il che ci sembra assurdo. Piuttosto si vada al voto. Per inciso, onde evitare che i ‘benpensanti’ storcano il naso, chi scrive non intende difendere la manovra economica del governo Lombardo, che sicuramente fa acqua da tutte le parti. Il punto è un altro: la battaglia per l’affermazione di un diritto negato alla Sicilia. Quello di vedere operare, accanto al Commissario dello Stato, l’Alta Corte per la Sicilia, come previsto dallo Statuto che è parte integrante della Costituzione italiana. La voce dello Stato italiano e quella della Sicilia.  Due organi costituzionali, alla pari e al di sopra delle parti e dei partiti. Per evitare, in futuro, si sentire solo una parte.

Un concetto ribadito nel commento alla norma, con cui si ripropone di ‘resuscitare’ l’Alta Corte (“che è stata sepolta viva”, amava dire il presidente Giuseppe Alessi) del professor Costa nel documento presentato a Roma: “La norma, apparentemente non legata alla materia finanziaria, è invece coessenziale alla stessa. La figura del Commissario, infatti, costituisce particolare tutela dell’Autonomia speciale siciliana solo in presenza dell’Alta Corte, con le sue note forme paritetiche di composizione. In assenza di questo foro, il sindacato del Commissario si è tradotto praticamente in una speciale censura preventiva della legislazione siciliana, operata indirettamente dal Governo, che sostanzialmente pone la Sicilia al di sotto delle altre regioni per grado di autonomia. Non è necessario, in questa fase, che Stato e Regione condividano le rispettive posizioni in materia di Alta Corte. Di fatto il decreto attuativo equivale ad una soppressione della figura del Commissario che pone la Sicilia sullo stesso piano delle altre regioni. Si ravvisa comunque l’opportunità di “congelare” e non di “abolire” la figura del Commissario per due ordini di motivi. In primo luogo perché, a statuto vigente, la sua figura è ancora prevista e quindi non sarebbe possibile eliminarla per mezzo di decreto attuativo che è fonte di diritto subordinata alle leggi costituzionali. In secondo luogo perché, rinunciando al Commissario, la Regione starebbe rinunciando definitivamente anche all’Alta Corte, il che, anche alla luce dell’esperienza storica, non appare opportuno. Del resto, con uno spirito di leale collaborazione tra Stato e Regione, l’annosa questione potrebbe anche essere risolta. L’Alta Corte può avere una serie di competenze speciali (le tre ad essa attribuite dallo Statuto) che derogano a quella generale della Corte Costituzionale, senza che si creino “doppie competenze”. Qui è possibile leggere anche le altre proposte.

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Caffè amaro/Finanziaria, che dice l’Alta Corte?

Impugnato il bilancio della Regione

 


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