Policlinico di Palermo, Chirurgia pediatrica: botta e risposta tra il medico e l’utente

Il nostro giornale, l’1 aprile scorso, ha pubblicato un articolo nel quale si dava contezza di un fatto accaduto nel reparto di Chirurgia pediatrica del Policlinico di Palermo. Il Professore Enrico De Grazia ci ha inviato la replica. Che pubblichiamo volentieri insieme con le considerazioni di Isidoro Farina, il papà del bambino che è stato al centro di una diversità di vedute.

Desidero fare alcune precisazioni per quanto riguarda l’articolo intitolato “Chirurgia pediatrica: Attendere prego…” del 1.4.12

Il piccolo F.F. di 7 anni, affetto da fimosi, ricoverato in regime di Day Hospital per intervento chirurgico programmato nella seduta del venerdì 30 marzo 2012 che prevedeva un intervento di tiroidectomia totale per Basedow ed un Reflusso vescico ureterale bilaterale in bambina di due anni. Intorno alle ore 13,00, durante l’intervento per reflusso, viene richiesto un intervento urgente su di un neonato ricoverato presso l’Unità di Terapia Intensiva Neonatale. Per tali ragioni viene sospesa la seduta operatoria in elezione e concordato l’intervento di urgenza, eseguito con l’anestesista per le emergenze, concluso nello stesso pomeriggio alle ore 19.00. I genitori del piccolo F.F. alle ore 13 vengono avvertiti del rinvio e l’intervento riprogrammato come primo della lista alla prima seduta operatoria disponibile, martedì 3 aprile. Il paziente non si presenta il 3 aprile senza avere avvisato, occupando il posto nella seduta operatoria che avrebbe potuto essere utilizzato da altri pazienti.

I genitori hanno avuto un colloquio con il sottoscritto alle ore 13,20, in presenza di altri due medici, in cui ho espresso il dispiacere per il rinvio ed ho spiegato che davanti ad una urgenza gli interventi programmati devono essere rimandati. La madre ribadisce che per lei era prioritario l’interesse del figlio che era digiuno dalla sera precedente. Il sottoscritto ha fatto notare che è suo compito organizzare l’assistenza secondo priorità di rischio e che la patologia di cui era effetto F.F. era sicuramente rimandabile di 4 giorni senza che venisse compromesso lo stato di salute al contrario di quanto avrebbe potuto accadere al neonato in condizioni critiche.

Tanto per opportuna conoscenza

Prof. Enrico De Grazia

 

L’ospedale è simile alla scuola: ci sono dei professionisti, gli operatori sanitari, e c’è un pubblico. Ma il pubblico dell’ospedale è molto più impreparato e principiante di quello della scuola, dunque più delicato. Uno studente non può certo essere paragonato a un professionista, soprattutto perché non è pagato, ma ha una così lunga consuetudine con l’andare a scuola, che la cosa gli è abbastanza familiare.Il malato invece è nella quasi totalità dei casi un vero inesperto della situazione, un principiante assoluto, per di più spaventato e sofferente.

Capirete poi che non mi sento di confrontare la maleducazione di un paziente, o quella dei suoi parenti, con quella di chi nell’ospedale ci lavora, in cambio di un regolare stipendio. Ed ecco, appunto, ciò che fa la differenza: lo stipendio. E’ una mia mania, non gradita e spesso inopportuna, ma il fatto di ricevere regolarmente uno stipendio mi pare proprio il dato che fa la differenza.

Un insegnante o un operatore sanitario non può essere ineducato, maleducato, arrogante: dovrebbe essere vietato (così penso io) per deontologia professionale, mentre ai pazienti e ai loro parenti è solo sconsigliato da consolidate convenzioni sociali, che certo andrebbero rispettate.

Un medico o un infermiere ineducato o arrogante mi ferisce, mi mortifica, aumenta il mio senso di insicurezza e debolezza in una situazione già difficile. Un paziente o un parente ineducato può anche ferire o mortificare, ma più spesso semplicemente disturba, innervosisce, irrita gli operatori sanitari.

Ho paragonato il mestiere di insegnare con quello di curare perché sono mestieri che hanno molte affinità, soprattutto per il loro potere di “lasciare traccia” sugli altri. Traccia positiva e traccia negativa. Ma c’è una differenza importante: il mestiere di insegnare, nonostante le lamentele che si sentono spesso sui vari obblighi a cui ormai non si può sfuggire, rimane un mestiere molto libero. L’insegnante quando chiude la porta della classe può fare sostanzialmente quello che vuole. E’ evidente che un lavoro di questo tipo, se pure molto “delicato”, comporta un tipo di tensione molto minore di quello che deve sopportare un medico o un infermiere che rispetta orari per nulla amichevoli e gestisce situazioni per nulla facili.

Questo mi induce ad avere un grande rispetto per chi lavora negli ospedali, ma non mi convince a fare sconti sul fatto che non deve essere ammessa ineducazione o disattenzione ai malati. Posso capire che la tensione provochi la perdita del controllo e della pazienza, ma posso chiedere che ci si scusi.

Io e mia moglie ci siamo sentiti mortificati e feriti in ospedale dall’atteggiamento ineducato e arrogante del Prof., ma avrei sempre dimenticato l’accaduto all’istante se mi fosse stato detto “mi scusi”.

Per scelta non voglio né replicare né aggiungere altro in merito alla vicenda di mio figlio, ma sperare che in occasioni simili si abbia maggiore considerazione e rispetto.

Isidoro Farina

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Chirurgia pediatrica: “Attendere, prego…”


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