New Yor New York/ In Siria finirà come in Kosovo?

Anche la scorsa settimana la Siria è sempre rimasta al centro del radar delle Nazioni Unite. La notizia più importante è arrivata mercoledì, con un consenso finalmente raggiunto dal Consiglio di Sicurezza, che ha votato ad un’animità una dichiarazione presidenziale che si traduce in un avvertimento alla Siria e al regime di Bashar al Assad (foto in basso a sinistra tratta da asianews.it) ad accettare le proposte consegnate in sei punti dal mediatore speciale Kofi Annan, l’ex segretario generale dell’ONU inviato in missione a Damasco dall’attuale segretario Bank Ki-moon e dalla Lega Araba per fermare la carneficina in Siria(foto a destra in basso tratta da domenderisposte.tuttogratis.it)

La Russia e la Cina hanno votato finalmente un documento preparato dal Consiglio di Sicurezza, che non è ancora una risoluzione, ma che pur sempre necessitava il voto un’ananime del Consiglio e che potrebbe essere un preludio ad una prossima risoluzione nel caso Damasco continui ad ignorare gli appelli.

Nella dichiarazione presidenziale letta ai giornalisti dal presidente di turno del CdS, l’ambasciatore britannico Mark Lyall Grant, si incita il governo di Damasco ad accogliere e mettere in atto subito le proposte dell’inviato speciale Kofi Annan per un cessate il fuoco immediato e porre fine ad ogni violenza e violazione dei diritti umani, per consentire l’accesso umanitario e facilitare un dialogo politico comprensivo tra il regime e le varie opposizioni siriane.

La dichiarazione presidenziale è una mossa scelta dal Consiglio di Sicurezza ogni qualvolta il veto inamovibile di almeno uno dei membri permanenti renda impossibile l’approvazione di una risoluzione. In questo caso i veti da superare erano due, quello di Russia e Cina. Ma anche questa dichiarazione presidenziale ha incontrato i suoi ostacoli, infatti fino all’ultimo ha rischiato di non essere approvata se non fossero stati cambiati alcuni passaggi non accettati dai russi.

Nella dichiarazione presidenziale, rispetto alle risoluzioni che avevano subito il veto, non si faceva cenno alla necessità dell’immediata sostituzione di Assad e quindi al “regime change”, e qui quindi risultava accettabile per Russia e Cina. Ma la dichiarazione presidenziale nella prima stesura prevedeva che se la situazione non fosse cambiata, il CdS avrebbe preso in considerazione “ulteriori misure”, evidentemente sanzioni (economiche o militari) mettendo anche dei tempi di scadenza. Ma nel testo approvato alla fine non c’è nessuna scadenza specifica e ancora una volta i russi hanno ottenuto che fosse cambiata la frase “ulteriore misure” con “ulteriori passi” e, inoltre, anche il passaggio che riferiva di valutazioni ulteriori sulla base di quanto sarebbe stato riportato dall’inviato in Siria Kofi Annan a scadenze precise, è stato alla fine omesso dalla dichiarazione. Secondo i diplomatici russi, infatti, gli “steps”, “passi”, sarebbero meno minacciosi delle “measures”, “misure”, che invece, lo ricordiamo, è una parola che fu usata nella risoluzione contro la Libia e che poi ha permesso i bombardamenti Nato. Inoltre l’assenza di scadenze specifiche, evita di dare al testo l’apparenza di un ultimatum.

Sia l’ambasciatore inglese che i suoi colleghi francese e tedesco, hanno salutato davanti ai giornalisti “finalmente l’unanime consenso raggiunto dal Consiglio di sicurezza”. Così come lo ha fatto anche l’ambasciatore russo Vitaly Churkin, che però non ha resistito dal criticare nella dichiarazione il linguaggio troppo debole che sarebbe stato riservato nei confronti delle opposizioni siriane. Il diplomatico russo si è infatti mostrato scettico che si possa raggiungere un cessate il fuoco senza esercitare la giusta pressione sulle opposizioni al regime di Assad.

Inoltre, contemporaneamente alla dichiarazione presidenziale, la Russia si è lamentata dei ritardi che aveva subito l’approvazione di una dichiarazione alla stampa del Consiglio di Sicurezza sui recenti attentati terroristici avvenuti in Siria dal 17 al 19 marzo a Damasco e ad Aleppo. Alla fine anche questa è stata letta dall’ambasciatore britannico Grant per la soddisfazione di Mosca.

Tra i corridori dell’ONU in questi giorni, la sensazione è che la Russia si sia convinta che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non potesse più rimanere in silenzio, soprattutto dopo la risoluzioe approvata a febbraio dall’Assemblea Generale. Ovviamente anche la fine della campagna elettorale con la rielezione di Vladimir Putin (foto in bassi a sinistra tratta da wikipedia) alla presidenza, devono aver accelerato un atteggiamento di maggiore flessibilità da parte di Mosca.

Ma chi scrive ha notato che questo ‘eppur si muove’ del Consiglio di Sicurezza nei confronti della Siria concide proprio all’indomani dell’intervista concessa dal Premier britannico David Cameron al settimanale “Newsweek”, in cui Neil Ferguson, lo storico di Harvard, aveva posto al primo ministro inglese questa domanda: perché in Siria non viene applicata la responsabilità della comunità internazionale di proteggere dei cittadini massacrati dal proprio governo, come invece è avvenuto l’anno scorso per la Libia?

Cameron nell’intervista aveva dato delle risposte inequivocabili che hanno sicuramente messo in allerta i russi e, riteniamo, anche tutti gli altri Paesi del Consiglio di Sicurezza. Cameron aveva espresso tutta la sua “immensa frustrazione” e l’impulso “a voler fare di piú”, e quando l’intervistatore gli aveva chiesto se una coalizione dei volenterosi potesse agire in Siria anche senza una risoluzione delle Nazioni Unite, sentite un po’ come aveva risposto Cameron: “Penso che il Kosovo abbia provato che ci sono occasioni quando è tua la responsabilitá di proteggere, di salvare vite, di fermare il massacro, di agire in un modo che sia moralmente giusto ma anche nel tuo interesse nazionale. Ecco ci sono situazioni quando è possibile farlo anche senza una risoluzione dell’Onu.”

“Ho sempre pensato” ha continuato Cameron nell’intervista a Newsweek, “che fosse strano l’argomento che siccome c’è un veto della Russia, allora tutte le ragioni morali vengono spazzate via. Non credo affatto debba essere cosí”.

Per Neewsweek, questo pensiero del premier inglese equivale alla volontà del governo britannico di prepararsi ad un intervenento in Siria anche senza una autorizzazione dell’ONU.

Possono quindi queste dichiarazioni pubbliche del governo inglese, rilasciate all’autorevole settimanale americano proprio alla vigilia dell’incontro che poi Cameron ha avuto con Obama alla Casa Bianca, aver dato una scossa al Consiglio di Sicurezza e portato ad un atteggiamento più collaborativo da parte di Mosca?

Quando giovedì scorso al Palazzo di Vetro è apparso allo “stakeout” dei giornalisti l’ambasciatore inglese Grant per riferire sull’incontro d’urgenza avuto dal CdS sul colpo di stato in Malì, chi scrive ha chiesto al presidente del Consiglio di Siurezza, nelle sue funzioni di capo missione della Gran Bretagna, come si dovessero interpretare le dichiarazioni del suo premier Cameron: è proprio così, Londra ritiene possibile un intervento in Siria anche senza l’autorizzazione dell’ONU?

L’ambasciatore Grant, mentre veniva filmanto anche dalle telecamere dell’ONU, è rimasto per un paio di lunghi secondi interdetto dalla domanda, poi ha preferito non rischiare, dicendo che non avrebbe commentato le dichiarazioni del suo primo ministro. Quando subito dopo la stessa domanda gli è stata riposta da un altro giornalista, Grant ha ripetuto: “Non commento le dichiarazioni del premier inglese”.

Mah, ci rimane il sospetto che le scosse provocate da certe dichiarazioni pubbliche del premier inglese sul ruolo dell’ONU nella crisi siriana siano state ben avvertite all’interno del Palazzo di Vetro e abbiano scosso il Consiglio di Sicurezza che infatti, adesso, come ha detto la scorsa settimana anche il Ministro degli Esteri Italiano Giulio Terzi dopo un incontro a Roma con il suo collega inglese Willliam Hague, sembra più vicino ad approvare una risoluzione sulla Siria.

Abbiano anche notato che quando il Consiglio di Sicurezza ha approvato la dichiarazione presidenziale, l’ambasciatrice Americana Susan Rice non ha fatto alcun intervento davanti ai giornalisti per commentare il documento. Un atteggiamento molto inusuale, anche perché invece gli ambasciatori di Francia, Gran Bretagna, Germania e Russia lo hanno commentato con toni enfatici. Forse a Washingtn quel documento approvato mercoledì è apparso come una perdita di tempo rispetto al maggior peso che un risoluzione del Consiglio di Sicurezza avrebbe avuto?

Comunque se come già sembra, col passare dei giorni la situazione in Siria non cambiasse e se Assad continuerà a scagliare il suo esercito contro i civili, il Consiglio di Sicurezza, come ha detto l’ambasciatore francese Gérard Araud, tornerà a cercare una risoluzione più efficace e pressante.

 


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