Sicilia Indipendente, perché?

Continua il nostro viaggio nella storia siciliana. Quella storia che lo Stato italiano non ha mai insegnato e che comincia a venire fuori solo grazie ad una recente storiografia revisionista che sta raccontando fatti, e soprattutto, misfatti, della storia risorgimentale. Ieri abbiamo ricordato la figura di uno dei padri nobili dell’Autonomia siciliana, Andrea Finocchiaro Aprile. Oggi ripercorriamo le tappe storiche che hanno portato all’approvazione dello Statuto autonomistico e sveliamo le ‘imboscate’ dello Stato italiano che ha fatto, e continua a fare di tutto per non applicarlo.

La Sicilia è il Paese europeo che da più lungo tempo gode di istituzioni parlamentari, insieme al Regno Unito. Se l’Europa di oggi è fondata sulla democrazia rappresentativa, che trova nei Parlamenti la propria massima espressione, è indubbio che tale istituzione trovi la sua prima forma riconoscibile nelle monarchie di origine normanna: la Sicilia, appunto, e l’Inghilterra. La trasformazione delle primitive “assise” o “colloqui” in Parlamenti fu progressiva e di essa troviamo certa testimonianza già nella prima Inghilterra normanna, nell’Althing islandese e nei proto-parlamenti siciliani dell’XI secolo; per secoli, sino alle guerre napoleoniche, la Sicilia conservò le proprie istituzioni rappresentative e la propria indipendenza interna.

Proprio durante le guerre napoleoniche le due corone “parenti” si rincontrarono: sotto protezione britannica il “vecchio” Parlamento siciliano elaborò (1812) una Costituzione moderna e liberale, la prima in uno stato di lingua italiana, sul modello di quella inglese. La Sicilia partecipò da paese in guerra alla lotta contro Napoleone e, teoricamente, era “paese vincitore” al Congresso di Vienna e ottenne in esso, per il proprio re, la restituzione della Corona di Napoli.

In quest’occasione si assisté però al primo strappo incostituzionale che caratterizzò la storia contemporana siciliana: contrariamente alla Costituzione siciliana del 1812 che proclamava solennemente l’indipendenza della Sicilia, il re di Sicilia e Napoli, annesse la prima alla seconda, assumendo l’ambiguo titolo di “Re delle Due Sicilie”, sospendendo le libertà fondamentali, sciogliendo il Parlamento e riducendola Siciliaad una sorta di governatorato coloniale assoggettato al Continente. 

I Siciliani non accettarono mai quell’abuso: dal 1816, anno della illegittima fusione delle Corone, sino al 1860, anno dell’Unità d’Italia, presero le armi quattro volte (1820, 1837, 1848, 1860) contro l’usurpatore borbonico. Nel 1848, per diciotto mesi, il Regno di Sicilia poté essere ricostituito, questa volta nel segno di una possibile “Confederazione italica” cui lo stesso avrebbe dovuto partecipare, e la costituzione e le leggi del vecchio e secolare Regno di Sicilia furono richiamate in vigore e “adattate ai tempi”.

Lentamente, però, le tradizionali aspirazioni nazionali siciliane s’incontrarono con quelle nuove, miranti all’unità d’Italia, anche per la difficoltà della Sicilia da sola di liberarsi dalla tirannia borbonica. E fu così che, poche settimane dopo l’ultima insurrezione fallita del 1860, i Siciliani non opposero significativa resistenza alla “Spedizione dei Mille” con la quale, sotto protezione inglese, Garibaldi assumeva la “Dittatura della Sicilia” in nome di Vittorio Emanuele già potenzialmente “Re d’Italia”.

Il Governo della Dittatura (maggio-dicembre 1860) rese temporaneamente la Sicilia stato indipendente da Napoli e richiamò in vigore le leggi e i provvedimenti del cessato Regno di Sicilia sino a quando, nel 1849, l’usurpazione non era ritornata. Lo stesso tentò di convocare, secondo lo Statuto del 1848, il Parlamento di Sicilia per decidere forme e modi per fare confluire, con le dovute garanzie e la dovuta autonomia, uno Stato come la Siciliadotato di secolare sovranità, nel più ampio Stato italiano che si andava a formare. La Siciliadoveva aderire liberamente e non da paese conquistato all’unità d’Italia. Il governo piemontese, tuttavia, impedì manu militari che quel parlamento si convocasse e, in sua vece, fondò l’annessione della Sicilia all’Italia su un “plebiscito-farsa”, a voto palese e comunque non libero, in cui, infatti, appena 667 furono i NO all’annessione incondizionata al Regno d’Italia.  

Seguì una brutale conquista e colonizzazione della Sicilia, asservita all’economia dell’Italia settentrionale alla pari di un remoto possedimento coloniale. Per circa 80 anni la Sicilia fu sottoposta ad uno sfruttamento devastante, alternato da leggi marziali e per mezzo di una dilagante corruzione per spegnere il dissenso. Per la prima volta nella sua storia questa gloriosa Terra fu marchiata d’infamia come “Terra della mafia” e milioni di suoi abitanti furono costretti ad un esodo che mai aveva conosciuto nella sua millenaria storia.

I crimini contro l’umanità commessi dallo Stato italiano in Sicilia, dalla strage dei contadini di Bronte del 1860 alla strage del pane di Via Maqueda del 1944 non sono ripercorribili in questa nota, ma non hanno ancora il dovuto posto nella memoria collettiva del Paese e dell’Umanità.

In questo contesto si inserisce l’occupazione alleata della Sicilia, durante il II conflitto mondiale, con la quale, per il generale malcontento e la posizione dell’Italia di paese sconfitto, si prospettò la possibilità chela Sicilia diventasse un paese a sé stante.     (Accanto una scena del film di Vancini: Bronte, cronaca di un massacro, ndr)

Gli equilibri politici internazionali non fecero propendere per una sanzione così dura contro l’Italia e, nonostante le forti pressioni, si optò per mantenerela Sicilia all’interno dello Stato italiano, riconoscendo però alla stessa un’amplissima autonomia legislativa, amministrativa, finanziaria e finanche giudiziaria e di ordine pubblico.

Gli Alleati consegnaronola Sicilia all’Italia nel febbraio del 1944, la quale costituì per essa l’Alto Commissariato perla Sicilia che avrebbe dovuto traghettare l’Isola dall’amministrazione centralizzata a quella autonoma. Nel dicembre del 1944 l’Alto Commissario fu coadiuvato da una Consulta regionale, sorta di parlamento provvisorio, composta dai rappresentanti di tutti i partiti politici, con l’esclusione di quelli indipendentisti, nonché degli “stati generali” di tutte le categorie produttive della Sicilia.

Questa Consulta al proprio interno elaborò (1945) un progetto di Statuto di Autonomia, su basi sostanzialmente confederali e lo sottopose per l’approvazione al Governo statale. Lo Stato italiano, dopo breve negoziazione, accettò quello Statuto, quale vero e proprio patto pacificatorio tra Italia e Sicilia, con Regio Decreto del 15 maggio del 1946, qualche giorno prima che un referendum nazionale trasformasse lo Stato italiano da monarchia a repubblica.

L’Assemblea Costituente della Repubblica italiana (1946-48) discusse ed approvò quel modello di autonomia, prevedendolo intanto all’interno della propria Costituzione, al fianco di altre autonomie differenziate (dicembre 1947) e poi (febbraio 1948) recependolointegralmente come Legge costituzionale speciale.

Nonostante ciò, però, lo Stato italiano non ha cessato di boicottare sin dall’inizio l’Autonomia dei Siciliani passando, tutt’al più, dal modello repressivo e coloniale che sino ad allora aveva regolato i rapporti tra l’Isola e il Continente con un nuovo tipo di colonialismo, quello dei trasferimenti, dell’assistenzialismo e delle clientele, per “comprare” il consenso di talune classi dirigenti isolane in cambio della rinuncia sostanziale all’attivazione di quelle prerogative autonomistiche in grado di dare alla Sicilia uno sviluppo autopropulsivo e pari dignità di cittadinanza ai suoi abitanti.

Anche qui sarebbe troppo lungo un elenco dei torti e delle violazioni subite dopo la concessione dell’Autonomia ma si ricordi almeno il vulnus più grave che questa ha subito, da cui poi ne sarebbero derivati molti altri e sempre più duri.

L’Autonomia, proprio per la sua eccezionalità, poggiava su una corte di giustizia costituzionale paritetica, l’Alta Corte per la Regione Siciliana che, fra gli altri compiti, dirimeva i conflitti di competenza tra Stato e Regione.

Tale Corte non potè dare avvio ai propri lavori prima del 1948 e funzionò regolarmente sino al 1957, nonostante i continui boicottaggi dello Stato. Nel 1957, poco dopo la composizione della prima Corte Costituzionale, lo Stato “rinviò” la nomina dei giudici in scadenza dell’Alta Corte, in attesa…che una legge costituzionale stabilisse meglio il rapporto che doveva instaurarsi tra le due corti costituzionali.

Quel “rinvio” equivalse ad una disattivazione. Da allora ad oggi le sue funzioni sono illegittimamente esercitate dalla Corte Costituzionale, che non è il giudice costituito per legge a dirimere le questioni di costituzionalità delle norme vigenti in Sicilia né dei conflitti Stato-Regione, e questa Corte ha provveduto, a colpi di sentenze, a ridimensionare prima e progressivamente ad annullare poi, ogni parte vitale dello Statuto Speciale del 1946. Le reiterate richieste da parte del mondo siciliano di rinnovarela Corte“fantasma” non hanno trovato esito alcuno sino ad oggi. Le ultime sentenze della Corte Costituzionale, infine, nel 2010, hanno addirittura rinnegato la propria stessa giurisprudenza ed hanno semplicemente azzerato il disposto letterale dello Statuto siciliano. Lo squilibrio è ormai insanabile, la misura è colma. I cittadini siciliani non possono vivere ulteriormente nella discriminazione e nell’illegalità.

Il principio di autodeterminazione dei popoli sancisce il diritto di un popolo sottoposto a dominazione straniera ad ottenere l’indipendenza, associarsi a un altro stato o comunque a poter scegliere autonomamente il proprio regime politico. Tale principio costituisce una norma di diritto internazionale generale cioè una norma che produce effetti giuridici (diritti ed obblighi) per tutta la Comunità degli Stati. Inoltre questo principio rappresenta anche una norma di ius cogens, cioè diritto inderogabile (Significa che esso è un principio supremo ed irrinunciabile del diritto internazionale, per cui non può essere derogato mediante convenzione internazionale). Come tutto il diritto internazionale, il diritto di autodeterminazione ratificato da leggi interne, per esempio la L.n.881/1977, esso vale come legge dello Stato che prevale sul diritto interno (Cass.pen. 21-3 1975).

La Corte Suprema Canadese, valutando delle rivendicazioni di indipendenza del Québec rispetto al Canada ha definito attentamente i limiti di tale principio: di esso sono autorizzati ad avvalersi Ex colonie, popoli soggetti a dominio militare straniero e gruppi sociali le cui AUTORITA’ NAZIONALI RIFIUTINO un effettivo DIRITTO ALLO SVILUPPO POLITICO, ECONOMICO, SOCIALE E CULTURALE. (Sentenza 385/1996).

Appare evidente come l’Italia abbia violato la Carta Costituzionale della Repubblica Italiana, il Patto stipulato con la Sicilia denominato Statuto d’Autonomia della Regione Siciliana e gli obblighi che l’Italia ha contratto aderendo all’Unione Europea.

Appare, altresì, evidente che l’Italia impedisce alla Sicilia il diritto allo sviluppo politico, economico, sociale e culturale.

In virtù di quanto sopra, nel pieno rispetto del diritto internazionale, il Popolo Siciliano può aspirare al riconoscimento del proprio sacrosanto DIRITTO ALL’INDIPENDENZA!

Santo Trovato

Portavoce Mis

Movimento per l’Indipendenza della Sicilia


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