Pdl, Alfano e il partito che affonda

Nel centrodestra di Palermo, il giorno in cui il Pdl celebra il congresso provinciale, tutto è in movimento. Ed è forse proprio per questo che – paradosalmente – tutto resta fermo. Ieri, tra le parole di Angelino Alfano, la replica di Gianfranco Miccichè, le precisazioni di Carmelo Briguglio, i silenzi di Francesco Cascio una cosa sembra chiara: la ‘macchina da guerra elettorale del centrodestra siciliano, fortissima ancora nel 2006, un po’ ammaccata nel 2008, è oggi completamente a pezzi.
Certo, con la condanna di Totò Cuffaro nel 2008, un ‘pezzo’ importante del centrodestra dell’Isola è saltato. Anche perché chi ha preso il suo posto non ha mostrato di avere né capacità organizzativa, né lungimiranza politica. Ma ciò che impressiona è l’incapacità del Pdl siciliano di essere una forza-partito. Tanto che oggi ci si chiede se queste sono le stesse che hanno gestito la Sicilia e le più importanti città dell’Isola per dieci anni ed oltre.
Attorno al centrodestra siciliano si era costituito un blocco sociale. Che, per certi versi, in termini numerici ed elettorali, era anche più forte di quello espresso dalla Dc nella Primi Repubblica. Ma questo enorme consenso è stato dissipato nelle risse personali e in una capacità amministrativa che definire scadente è poco. Lo stesso Raffale Lombardo è figlio di questa disastrosa concenzione della cosa pubblica. E rimane un mistero il perché, negli ultimi tre anni, il Pd abbi deciso di mettere la faccia non soltanto negli errori amministrativi compiuti negli anni passati, ma addirittura partecipando, in primo piano, agli errori amministrativi e finanziari compiti, per esempio, negli ultimi due anni.
La Regione, negli ultimi cinque o sei anni, non ha brillato per gestione finanziaria. Ma mai si era ridotta nelle condizioni – pesantissime – in cui si trova oggi. Forse chi, oggi – nel Pd siciliano – governa con Lombardo pensa di prendere voti in ragione del clientelismo messo su soprattutto negli ultimi due anni e mezzo? A noi, questa, sembra una scelta folle.
Ebbene, davanti a un governo regionale immobile, ormai prigioniero della propria incapacità ad affrontare i problemi (l’incapacità di spendere i fondi europei è solo uno de tanti aspetti, forse il più visibile, di una crisi che non risparmia quasi tutta la gestione del governo Lombardo, nessuna branca esclusa), il centrodestra siciliano continua a dividersi. Quello che è andato in scena ieri, a Palermo, è emblematico. Al congresso il Pdl è riuscito ad arrivare senza avere ancora non una rosa di candidati, ma un candidato nella corsa a sindaco di Palermo. Il segno che questo partito sembra ormai al capolinea, altro che proporsi – come ha cercato di fare Angelino Alfano – per la guida di Palermo o della Sicilia!
Le divisioni tra i vari Alfano, Gianfranco Miccichè, Carmelo Briguglio e via continuando rimangono tutte in piedi. E se Alfano cerca oggi una difficile ricomposizione, tutti gli altri protagonisti di quelle che sono state le esperienze di Forza Italia, An e dei centristi (questi ultimi spaccati in Udc di Casini e Pid) cercano soluzioni soggettive.
In questa fase politica se, dall’altra parte – cioè nel centrosinistra – ci fosse stato uno schieramento limpido, senza compromessi con le gestioni presenti e passate, vincere le elezioni regionali sarebbe stato uno scherzo. Invece anche nel centrosinistra siciliano – contro le indicazioni di una base che non riesce ad esprimersi perché p’prigioniera’ di un vertice compromesso con le peggiori logiche affaristiche – prevalgono tatticismi e divisioni.
In tutto questo – ovviamente – la Sicilia affonda. E non potrebbe essere altrimenti.

 

 

 


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