Perché la candidatura di Orlando è utile

La definitiva ufficializzazione della candidatura di Leoluca Orlando a Sindaco di Palermo genera effetti diversi nella scena politica siciliana, scompaginando il Pd, di cui IdV si prepara a raccogliere il testimone di soggetto leader del centro-sinistra, lasciato cadere nella polvere a causa dello sciagurato sostegno al Governo Lombardo.In altre riflessioni pubblicate su queste pagine abbiamo cercato in più occasioni di analizzare i benefici che la città di Palermo trarrebbe da un Primo Cittadino, largamente accreditato sulla scena internazionale, profondo conoscitore degli umori di ogni ceto della Città e del funzionamento della macchina amministrativa.Tutti siamo che consapevoli che l’elettorato di Leoluca Orlando è il più trasversale che si sia mai misurato a Palermo: figlio dell’alta borghesia cittadina erede della nobiltà agraria, brillante studente prima e studioso dopo, animatore dei principali eventi di cambiamento degli ultimi 40 anni e percepito come il più “palermitano” dei sindaci, Orlando sembra essere stato inscritto nel cuore di questa città e nei suoi confronti l’unica discriminante non è la politica, ma solo la simpatia o l’antipatia.
La prima è rimasta pressoché intatta nonostante alcuni equivoci abilmente orchestrati e di cui nel corso della presentazione del libro di Fabrizio Lentini “La Primavera breve” si è avuto occasione di fare chiarezza; votano per Orlando esponenti della residua nobiltà, l’alta borghesia cittadina non compromessa con il Cuffarismo/Lombardismo, professionisti e imprenditori, sovente suoi compagni di scuola o allievi o, più in generale, amici di una vita. Soprattutto però, declinato il populismo drogato dalle illimitate risorse economiche poste da Berlusconi a sostegno della triste figura di Cammarata (accertati brogli, a parte), Orlando torna ad essere il beniamino degli strati sociali più popolari, che ne hanno sempre apprezzato la capacità di farsi capire e di farsi percepire come un figlio autentico, più fortunato magari, dell’anima ancestrale della città. In una parola, hanno percepito di condividerne quell’identità cui ciascuno aspira quando è aiutato a liberarsi dall’appartenenza.
Restano indimenticabili gesti da vero palermitano quale la devozione a Santa Rosalia (da anni non più salutata durante il Festino dal tradizionale grido lanciato dal Sindaco) il grande amore per la gastronomia locale, per la convivialità e potremmo continuare ad elencare. Un Orlando dunque, di cui, oltre all’indiscussa e testimoniata scelta di legalità e di lotta vera alla mafia e al collateralismo della politica, che sarebbe ridondante riepilogare, si apprezzano autenticità, coraggio fisico, approccio “energetico” ai temi più scottanti. Il tutto, unito ad una enorme capacità di lavoro che, anche se gli anni passano per tutti, ne ha sempre contraddistinto lo stile personale e politico.
Su piani di maggiore contenuto, nessuno ha mai messo in discussione la sua morale privata, la sua fede religiosa “adulta” e consapevole al punto da permettersi, senza che questo ne intaccasse l’immagine, ogni legittima critica verso una dimensione temporale della Chiesa, troppo spesso dimentica della svolta conciliare. Tutti ricordiamo la sua contestazione aperta di Monsignor Salvatore Cassisa, discusso Arcivescovo di Monreale poi canonicamente rimosso, in occasione della seconda visita di Giovanni Paolo II a Palermo. Un cattolico autenticamente “protestante” come è inevitabile per chi ha avuto nel mondo tedesco profonde esperienze formative in anni cruciali del ‘900, straordinari Maestri di pensiero e costanti e attuali relazioni e riconoscimenti.
L’autoironico accostamento con Federico II con cui in passato Orlando fece versare a molti Soloni fiumi di parole inutili, in realtà sottolinea la consapevolezza di esprimere una dimensione locale/globale che non ha precedenti tra i politici siciliani e che è sempre tornata utile all’immagine della Sicilia e dei siciliani in Europa e nel mondo.
Orlando è, ovviamente, anche antipatico a molti, ma non al punto da non riconoscere che nei momenti difficili che attendono il Paese e in quelli drammatici che la Sicilia e Palermo già toccano con mano, egli rappresenta la persona più adatta a condurre la nave nella tempesta. Nello stesso confronto con Rita Borsellino, risalta agli occhi di chiunque sia in buona fede, la differenza di competenza, di energia, di credito internazionale, di capacità di infondere nuove energie, anche psichiche, alla Città.
Il refrain che egli “non abbia generato una classe dirigente”, evitando di far crescere i propri collaboratori è stato sovente un alibi: il prezzo che Orlando richiede per abilitare alla leadership è altissimo sul piano culturale, spietato su quello dell’intelligenza, intransigente su quello della morale. Da allievo dei Gesuiti, sa bene discernere tra doti vere da incoraggiare e sviluppare e semplici, normali livelli di intelligenza comune, adatti ad essere, e a far restare, “buoni collaboratori”.
Di molte delle considerazioni precedenti, anche gli avversari più acuti e “raffinati” sono consapevoli al punto da evitare lo scontro diretto (come prevedo avverrà, nel corso delle prossime elezioni) specie dovendo difendere “d’ufficio” l’operato di Cammarata, davanti al disastro della città sotto gli occhi di tutti. Candidature di bandiera o istituzionali avranno solo un scopo figurativo e eventuali cavalli di razza (?) saranno tenuti di scorta per le elezioni regionali.
Dove invece l’arroganza e la stupidità politica non ha confini, gli troveremo contrapposti mosche cocchiere e giovani, sprovveduti tribuni, che nulla conoscono della complessità di una delle città più antiche d’Europa, percorsa da sotterranei e cunicoli in cui i meno attenti, facilmente precipiterebbero e attraversata da un’insospettabile rete di relazioni, amicizie, crediti e debiti che, come l’intreccio di raggi laser sotto cui sguscia sinuosa Catherine Zeta Jones del mitico film Entrapment, sono visibili solo con specialissimi “occhiali”.
Orlando sarà per Palermo “uomo della Provvidenza”? Non lo crediamo e non lo vogliamo e, in fondo, non lo è mai stato, nonostante un’iconografia piuttosto logora. Orlando risolverà i drammatici problemi dell’occupazione, del degrado, dell’emigrazione dei cervelli. e delle braccia? Non possiamo predirlo, ma con certezza sappiamo che l’uomo ha le caratteristiche personali e le potenzialità relazionali per restituire alla Città credito, dignità e fiducia, che oggi rappresentano un immenso capitale sociale e l’unico percorso per attrarre investitori esterni, riportando Palermo nei circuiti internazionali dell’arte, della cultura, del turismo della green economy e delle risorse che da ciò provengono e che sono evocate e convocate dalla cifra dell’accoglienza che vede già nel nome della città il proprio destino (Pan-ormos, tutto porto).
Certamente, come ogni Sindaco, Presidente della Regione o del Consiglio di ogni parte d’Europa gli toccherà di chiedere sacrifici anche pesanti in termini di snellimento di una burocrazia ipertrofica che ci rende ridicoli ed inaffidabili in ogni confronto, sarà determinato nel chiedere trasparenza e chiarezza dove oggi regnano ambiguità e trasformismo. Eppure, la città lo seguirà perché in cambio potrà sperare di tornare a fregiarsi di quelle tre A, che non sono solo il rating finanziario che Orlando raggiunse nel precedente mandato, ma soprattutto simboleggiano tre valori per i quali i siciliani in genere hanno sovente sacrificato anche la vita: Apprezzamento da parte degli altri, Audacia della ribellione all’ingiustizia, Amicizia per coloro che non tradiscono la fiducia.
Tre valori molto siciliani, che nessuna mafia potrà mai pervertire, saranno frutti maturi di una primavera che, giustamente diversa da ogni altra che l’abbia preceduta, abbiamo il diritto/dovere di far sbocciare e in cui cresceranno stavolta non solo fiori effimeri ma anche frutti concreti ricchi di semi per il futuro.

 

 

 

 

 

 


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