Palermo, Confindustria senza industria

Quando pronunci la parola ‘industria’ ti appare subito davanti agli occhi l’immagine di un opificio dove operai, tecnici, imprenditori sono al lavoro operoso. E vedi chi è dedito  a progettare e guidare processi di lavorazione, chi materialmente li trasforma combina le materie prime per farne prodotti finiti o semilavorati da proporre al mercato. Quindi chi prende contatti con gli operatori del mercato, con i clienti e i fornitori di materie prime, sia per controllare il gradimento dei prodotti proposti, sia per acquisire materie prime alle migliori condizioni, sia per acquisire risorse finanziarie dalle banche da destinare agli investimenti, sia per la gestione delle spese ordinarie.

Bene, di questa immagine scordatevene l’esistenza. La proposta di Confindustria Palermo, presentata lo scorso 14 novembre al teatro Politeama non percorre questa strada. Gli industriali ci hanno illustrato il loro progetto per rilanciare l’economia nella città e ci hanno detto che l’industria palermitana è attenta alla sistemazione urbanistica delle stessa città di Palermo: il che implica come immediata conseguenza un po’ più di conglomerato cementizio da versare sul territorio; gli stessi industriali vorrebbero destinare ad attività del terziario (turismo, commercio, servizi nonché il nuovo stadio del calcio di Zamparini) gli spazi poco ‘sfruttati’ del territorio urbano e, ciliegina sulla torta, si candidano alla gestione dei servizi urbani.

In altri termini, si propongono di gestire le attività economiche garantite dalle bollette, piuttosto che competere nel mercato globale del comparto manifatturiero. Chi volesse sincerarsi della qualità confindustriale palermitana faccia un giro nelle aree all’uopo attrezzate di Termini Imerese, di Carini o di Brancaccio. Dal punto di vista produttivo e del valore aggiunto sono testimonianze illuminanti.

I candidati a sindaco della città di Palermo, che hanno assistito alla manifestazione confindustriale, farebbero bene ad immaginare un ruolo produttivo delle risorse umane e territoriali della città. E dovrebbero riflettere sul fatto che i fondi strutturali europei inseriti nel bilancio della Regione siciliana nell’anno 2010 sono andati per la quasi totalità in economia. Cioè, non c’è stata spesa d’investimento perché non c’è stata domanda. E si domandino: come mai tanta carenza di richiesta di investimenti in presenza di cotanto attivismo confindustriale? Forse – può essere una risposta – perché il mercato dei servizi a bolletta presenta minori rischi d’impresa rispetto a quello competitivo del manifatturiero. L’immagine dell’opificio, a Palermo, è proprio svanita.

Queste proposte un po’ balzane sono state fatte proprie dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo, che, in virtù della sua ‘nota’ competenza in materia economica, nel giro di ventiquattr’ore, li ha inserite tra le priorità del programma della Regione siciliana in pendent con la stabilizzazione di 750 precari, Nulla contro questi precari – che anzi gestiscono servizi essenziali e importanti per la collettività, dalla protezione civile al monitoraggio delle acque. Però, ammetterete, è l’accoppiata dei due provvedimenti – stabilizzazione precari e progetto industriale senza industria – che dà la misura delle ‘grandi’ strategie economiche di questo governo regionale…


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Quando pronunci la parola ‘industria’ ti appare subito davanti agli occhi l’immagine di un opificio dove operai, tecnici, imprenditori sono al lavoro operoso. E vedi chi è dedito  a progettare e guidare processi di lavorazione, chi materialmente li trasforma combina le materie prime per farne prodotti finiti o semilavorati da proporre al mercato. Quindi chi prende contatti con gli operatori del mercato, con i clienti e i fornitori di materie prime, sia per controllare il gradimento dei prodotti proposti, sia per acquisire materie prime alle migliori condizioni, sia per acquisire risorse finanziarie dalle banche da destinare agli investimenti, sia per la gestione delle spese ordinarie.

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